L’ALIMENTAZIONE NELLA PSORIASI E NELL’ARTRITE PSORIASICA

Prestare attenzione ai fattori di rischio ambientali, ovvero fattori modificabili, rappresenta un importante obiettivo nella gestione della malattia psoriasica (psoriasi e artrite psoriasica). L’alimentazione rientra tra questi fattori.1

L’obesità, infatti, rappresenta una condizione patologica frequentemente associata alla psoriasi2 e la relazione tra le due probabilmente è bidirezionale: l’obesità predispone alla psoriasi e la psoriasi favorisce l’obesità.3

L’infiammazione potrebbe essere un fattore comune tra le due condizioni patologiche.4 Diventa quindi prioritario ridurre il peso corporeo, quando eccessivo, e mantenere un sano regime alimentare che, anche in assenza di sovrappeso, possa ridurre l’infiammazione corporea.

QUALE DIETA È IDEALE PER LA PSORIASI?

Un’alimentazione adeguata, nel caso della psoriasi, deve mirare a riequilibrare la risposta immunitaria e quella infiammatoria.

Diciamolo subito: non sono i singoli alimenti ad avere un effetto infiammatorio o antinfiammatorio finale sul nostro organismo, ma la quantità e la frequenza con cui li mangiamo.

Una tradizionale dieta mediterranea, con abbondanza di vegetali, adeguate porzioni di cereali integrali, legumi, frutta oleaginosa (comunemente detta frutta secca) e moderato consumo di carne, pesce e uova, sembra essere una buona soluzione a lungo termine per garantire l’aderenza del paziente psoriasico a un regime alimentare adeguato.1

L’apporto di grassi di origine animale deve essere limitato. Anche l’utilizzo di olio extra vergine di oliva, di erbe aromatiche e spezie apporta effetti benefici. Recenti studi mostrano che il mantenimento di una dieta di questo tipo è correlato a una minore gravità della malattia. La dieta mediterranea, dunque, rappresenta un regime alimentare ideale per chi soffre di psoriasi.1

CHE COSA MANGIARE E NON IN CASO DI MALATTIA PSORIASICA: CIBI CONSIGLIATI, CIBI DA EVITARE

Si ritiene che alcune vitamine (A, C ed E) e oligoelementi (ferro, rame, manganese, magnesio, zinco e selenio) abbiano capacità antiossidanti, così come anche le fibre alimentari, un limitato apporto di zuccheri e grassi (da preferire quelli insaturi: si ritiene infatti che un alto contenuto di grassi polinsaturi contribuisca a ridurre la prevalenza di patologie infiammatorie, come la psoriasi).5 Le proprietà antiossidanti sono importanti per contrastare l’infiammazione sistemica. Gli alimenti da preferire dunque sono:

pesci ricchi di omega-3 (come salmone, sgombro, trota) meglio se non di allevamento, per ridurre il rischio di ingerire dannosi additivi chimici. Un’altra fonte aggiuntiva di omega-3 è rappresentata dai semi di lino (da consumare, macinati, in insalata o sotto forma di olio);

cereali integrali (riso, grano ma anche avena, orzo, farro, segale) e pseudo-cereali (grano saraceno, quinoa, amaranto), legumi, frutta, oligoelementi e vitamine;

olio extra vergine di oliva come principale fonte di grassi alimentari.

Importante poi assumere prebiotici, probiotici e alimenti fermentati (verdure fermentate, the kombucha, kefir) per dare il giusto nutrimento alla flora batterica intestinale, strettamente connessa con il buon funzionamento del sistema immunitario.

Il mantenimento di una dieta sana ha dimostrato di ridurre il rischio a lungo termine di infiammazione.6 Al contrario, diete ricche di grassi, di cibi raffinati, di carboidrati semplici e ad alto contenuto calorico, il consumo eccessivo di alcol, di carne rossa e prodotti caseari sono correlati a risposte infiammatorie dell’organismo, motivo per cui sarebbe opportuno evitare questi alimenti scatenanti. È invece ancora dubbio l’effetto della caffeina.

Tra i cibi di origine vegetale da evitare, secondo alcuni studiosi, ci sarebbero quelli ad alto contenuto di istamina o istamina-liberatori come ad esempio spinaci, fragole e lamponi, arachidi, banane e kiwi.

L’utilizzo di eventuali preparati fitoterapici o di integratori (ad esempio di vitamina D) dovrebbe essere monitorato dal medico curante.

Fonti

1. Barrea L et al. Environmental Risk Factors in Psoriasis: The Point of View of the Nutritionist. Int J Environ Res Public Health 2016; 13: 743.

2. Oliveira Mde F et al. Psoriasis: Classical and emerging comorbidities. An Bras Dermatol 2015; 90(1): 9-20.

3. Carrascosa JM et al. Obesity and psoriasis: Inflammatory nature of obesity, relationship between psoriasis and obesity, and therapeutic implications. Actas Dermosifiliogr 2014; 105: 31-44.

4. Fleming P et al. The relationship of obesity with the severity of psoriasis: A systematic review. J Cutan Med Surg 2015; 19: 450-6.

5. Diallo M. Psoriasis Epidemiology. J Clinic Case Reports 2012; Vol. 2.

6. Barbaresko J et al. Dietary pattern analysis and biomarkers of low-grade inflammation: A systematic literature review. Nutr Rev 2013; 71: 511-27.

L’IMPORTANZA DELL’ALIMENTAZIONE A SOSTEGNO DELLA CURA

Antonella Losa

Qual è l’importanza dell’alimentazione nella psoriasi? Che ruolo svolge? Cosa aspettarci da un’alimentazione corretta, e cosa invece non possiamo attenderci da lei?

Domande che tutte le persone con psoriasi si pongono nella loro quotidianità, e alle quali è bene dare risposte chiare.

Possiamo innanzitutto dire che la cura e l’alimentazione sono compagne, e che la seconda non si sostituisce alla prima ma, piuttosto, la supporta e la sostiene.

L’importanza di una corretta alimentazione si legge nella possibilità che si associ, come è stato osservato, a una migliore risposta individuale alla terapia e a una minore esposizione a recidive.

Un regime alimentare appropriato andrà inoltre a non favorire lo stato di infiammazione sistemica, ovvero estesa all’intero organismo, cui sono connesse diverse patologie tra cui la psoriasi.

A questo scopo, dovremo lavorare sulle nostre abitudini alimentari a livello complessivo, molto più che su singoli cibi: ricordiamoci infatti che un alimento non è “sano” o “non sano” di per sé, ma in relazione a quanto e quanto frequentemente ne mangiamo. In altre parole, quando parliamo dell’importanza di una “sana” alimentazione non ci stiamo riferendo a una dieta fatta solo di alimenti percepiti come corretti: un eccesso di alimenti, anche se “sani”, ha infatti ottime possibilità di portare in realtà uno svantaggio in termini di salute.

Ne sono un esempio regimi alimentari eccessivamente calorici, indipendentemente da quali siano i cibi che hanno prodotto quel surplus: ogni eccesso infatti, se abitudinario, conduce a sovrappeso e obesità, che sono stati connessi con un aumento dello stato infiammatorio e, per questo motivo, sempre da prevenire anche in caso di psoriasi.

Questo obiettivo, sempre prioritario, dev’essere raggiunto con uno stile di vita complessivamente corretto, in cui alimentazione e cura del corpo, a partire da un’attività fisica adeguata, si compenetrano e si completano.

Tornando alle linee generali delle abitudini a tavola più appropriate per tutti, e in particolare per le persone con patologie a base infiammatoria come la psoriasi, ricordiamo infine che è bene evitare regimi costantemente troppo ricchi di alimenti che innescano una risposta infiammatoria, come ad esempio quelli contenenti zuccheri e grassi saturi in eccesso, o poveri di alimenti con nutrienti che possono potenzialmente favorire un effetto antinfiammatorio, come ad esempio gli omega-3.

E, naturalmente, è da evitare l’assunzione di alcolici.

Cinque università italiane tra Napoli, Roma e L’Aquila hanno condotto il primo studio sulla dieta mediterranea nell’artrite psoriasica.

Interessante la conclusione: “un’elevata attività di malattia (indice DAPSA) è associata a una bassa aderenza alla dieta mediterranea, il che suggerisce che le persone con artrite psoriasica possano beneficiare della caratteristica antinfiammatoria di questo stile alimentare”.

Gli autori dello studio sottolineano che i risultati sono in accordo con quelli di studi precedenti, che hanno trovato analoghe associazioni tra dieta mediterranea e psoriasi, e tra dieta mediterranea e stato infiammatorio.

Infatti, considerando la base della malattia psoriasica nel suo complesso, è fondamentale ottimizzare la gestione dello stato infiammatorio cronico che tale condizione sottende, e di cui l’artrite psoriasica è espressione.

Le abitudini alimentari possono aiutare, quando ben indirizzate, a non nutrire ulteriormente lo stato infiammatorio. Tale effetto è senza dubbio favorito da diete con le seguenti caratteristiche:

contenuto calorico calibrato che mantenga quindi un peso “sano” se già in essere o ne agevoli il raggiungimento in caso di peso in eccesso

ricche di alimenti protettivi come ortaggi, frutta fresca e cereali integrali, e non eccessive in zuccheri, grassi saturi e alimenti con componenti pro- infiammatorie

Una dieta mediterranea con il corretto contenuto calorico ha mostrato di avere proprio caratteristiche antinfiammatorie in diversi studi, che hanno indagato in particolare la riduzione di alcune sostanze infiammatorie (citochine pro-infiammatorie) nel circolo sanguigno.

CHE COS’È LA DIETA MEDITERRANEA?

La “dieta mediterranea” è uno stile alimentare che:

fa uso elevato e frequente di alimenti vegetali come cereali, legumi, frutta e verdura, che diventano la parte prevalente dell’intera dieta

include olio di oliva come unico grasso da condimento

prevede un maggiore consumo di pesce e un minore consumo di carne, insieme a un moderato ricorso a prodotti caseari

Fonte

Caso F et al. Mediterranean diet and Psoriatic Arthritis activity: a multicenter cross-sectional study. Rheumatol Int 2020; 40(6): 951-8.

Quale strategia alimentare può aiutare gli adulti con psoriasi o artrite psoriasica a ridurre la severità della loro condizione?

A questa domanda hanno voluto dar risposta i membri del comitato medico della National Psoriasis Foundation, la più grande organizzazione no profit al mondo al servizio delle persone con tali patologie.

A questo scopo il comitato ha analizzato i risultati dei 55 studi scientifici ritenuti più rilevanti sull’argomento, cui hanno partecipato oltre 4.500 persone con psoriasi e artrite psoriasica.

Nel lungo articolo, pubblicato sul prestigioso Journal of American Medical Association, gli autori hanno sintetizzato la loro analisi in 5 domande e risposte, formulando su ogni punto la propria raccomandazione.

Eccole in breve:

1

Le diete senza glutine sono utili in caso di psoriasi?

La psoriasi è associata a un rischio maggiore sia nei confronti di diverse malattie autoimmuni, tra cui la celiachia, sia riguardo alla sensibilità non celiaca al glutine, la cui presenza va testata attraverso la ricerca di anticorpi anti-gliadine nel sangue.

Dati di letteratura mostrano che, in questi casi specifici, una dieta gluten-free porta miglioramenti clinici sia nella risposta al glutine che nei sintomi della psoriasi.

  • Raccomandazione 1: una dieta senza glutine è fortemente raccomandata per le persone con psoriasi e celiachia; in caso di sensibilità clinicamente accertata al glutine, si raccomanda una prova di 3 mesi di dieta gluten-free in aggiunta ai trattamenti previsti dal medico per la psoriasi.

2

Qual è l’associazione tra calo di peso e psoriasi?

Una condizione di obesità è legata a una maggiore incidenza di psoriasi, una maggiore severità della malattia e una minore risposta ai trattamenti terapeutici – probabilmente a causa dell’effetto pro-infiammatorio del tessuto adiposo in eccesso.

In caso di sovrappeso o obesità associate a psoriasi, la perdita di peso a seguito di diete ipocaloriche comporta un miglioramento clinico della malattia cutanea, come fattore singolo o in associazione ai più comuni trattamenti terapeutici come farmaci biologici, trattamenti topici e fototerapia.

  • Raccomandazione 2: per le persone con psoriasi in sovrappeso o obese è fortemente raccomandata un’adeguata perdita di peso tramite appropriata dieta ipocalorica, che si aggiunga al trattamento terapeutico individuato. Sovrappeso e obesità sono definiti in base all’Indice di Massa Corporea (IMC, in inglese BMI), che viene calcolato come peso (in kg) / altezza (in m) al quadrato. Un valore superiore a 25 indica uno stato di sovrappeso.

3

Possono essere utili degli integratori?

Per l’utilizzo di integratori alimentari nel trattamento della psoriasi, si raccomanda innanzitutto di consultarsi preventivamente con il proprio medico curante.

L’articolo analizza i dati clinici oggi a disposizione sugli integratori più utilizzati, ovvero omega-3 (in forma di olio di pesce), vitamina D, selenio e vitamina B12.

Sui preparati a base di tali sostanze, non si dispone - a oggi - di dati sufficientemente robusti per un consiglio generalizzato: spesso infatti i risultati dei diversi studi non sono tra loro concordi, le condizioni di studio sono troppo eterogenee tra di loro e le dimensioni degli studi troppo limitate per trarre conclusioni consensuali.

Una supplementazione specifica può essere presa in considerazione dal medico in caso di carenze accertate, come può succedere per la vitamina D - il cui utilizzo topico non ricade in questa analisi ed è generalmente riconosciuto come valida opzione terapeutica.

Anche in caso di carenza di selenio, più ricorrente in chi è affetto da psoriasi, i risultati clinici disponibili a oggi non sono risultati sufficientemente chiari.

  • Raccomandazione 3: per il trattamento della psoriasi nell’adulto, in assenza di dati consensuali di efficacia ai dosaggi studiati, non si consiglia in linea generale a oggi un’integrazione di olio di pesce, di vitamina D in persone che non ne siano carenti, di selenio e di vitamina B12.

4

Ci sono alimenti, nutrienti o diete vantaggiosi o dannosi per chi soffre di psoriasi?

Abbiamo visto al punto precedente che un approccio che si focalizza su singole sostanze per uso orale non ha al momento generato dati consensuali di efficacia.

Al contrario, sullo stile alimentare complessivo si ritiene possibile fornire una raccomandazione di massima:

  • Raccomandazione 4: gli adulti con psoriasi possono prendere in considerazione l’adozione della dieta mediterranea: olio extravergine di oliva come condimento principale; almeno 2 porzioni di verdura e 3 di frutta al giorno; legumi, pesce e frutta a guscio almeno 3 volte a settimana. Consigliabile un maggior consumo di alimenti con omega-3, grassi monoinsaturi, fibre e carboidrati complessi, diminuendo calorie totali, grassi saturi e zuccheri.

5

Alcune di queste strategie alimentari possono aiutare in caso di artrite psoriasica?

Laddove erano possibili analisi specifiche, i punti precedenti sono stati analizzati anche per i casi di artrite psoriasica. Questa la raccomandazione:

  • Raccomandazione 5: in caso di artrite psoriasica, per le persone in sovrappeso o obese (BMI > 25) si raccomanda di aggiungere alla terapia medica un regime alimentare ipocalorico. Sempre in aggiunta al trattamento farmacologico, su consulto medico si può provare inoltre a supplementare vitamina D per via orale; per quanto noto a oggi, non sono invece oggetto di raccomandazione generale l’integrazione con olio di pesce e con selenio.

A conclusione dell’intera analisi, il comitato medico della National Psoriasis Foundation sottolinea con forza che gli interventi nutrizionali devono sempre aggiungersi alla terapia medica - senza mai sostituirsi ad essa.

Cambiare abitudini è stressante. Qualsiasi abitudine. Tutto ciò che ci fa uscire dalla nostra “zona di comfort” lo è. E cambiare le abitudini a tavola non fa eccezione.

Lo stress ha però un prezzo, come è esperienza di tutti e, ancor più, delle persone in particolari situazioni come appunto artrite psoriasica o psoriasi. Bisogna quindi capire quando ha senso affrontare un cambiamento – e, in questo caso, come gestire al meglio lo stress – e quando invece non ha senso farlo.

Andando sul pratico e restringendo l’argomento alle abitudini alimentari, analizziamo ora quando e per quali scopi ha senso un cambiamento in caso di malattia psoriasica e quando invece è meglio soprassedere.

Partendo sempre dagli obiettivi. Vediamone insieme alcuni.

HO QUALCHE CHILO DI TROPPO: VORREI PERDERNE QUALCUNO

Sì, in questo caso vale senza dubbio la pena cambiare il nostro stile a tavola: il primo contributo che l’alimentazione può dare in caso di artrite psoriasica o psoriasi – tramite uno schema alimentare appropriato – è proprio quello della diminuzione di peso per chi deve tornare normopeso.

Ricordiamoci che il primo fattore di rischio modificabile per lo sviluppo di malattia psoriasica è il sovrappeso/obesità, che contribuisce al mantenimento dello stato infiammatorio sistemico alla base di queste condizioni.

AVENDO POCO TEMPO A DISPOSIZIONE, MANGIO SPESSO QUALCOSA DI VELOCE “AL VOLO”

È così che abbondo in salumi, formaggi e piatti pronti che facilmente eccedono in grassi e sale.

Decisamente utile ripensare l’organizzazione della preparazione dei pasti: l’esigenza di massima praticità è spesso molto reale; bisogna trovare il modo di andare incontro ad essa mantenendo un’alimentazione varia, prevalentemente vegetale e senza eccessi continuativi in grassi, sale e zuccheri. Ci riusciremo sostituendo l’”improvvisazione” (è ora di pranzo ho poco tempo quel panino salame-formaggio è quel che fa per me) con il “gioco di anticipo”: un’insalata di pollo, patate e verdure è solo uno dei tanti esempi di piatti che possono essere preparati a casa e consumati ovunque in poco tempo. Ricordiamoci che un pasto ricco di grassi è seguito da una risposta infiammatoria del nostro organismo, che la sa solitamente gestire al meglio a patto che non diventi la regola – ciò che avviene se eccediamo con i grassi come abitudine generale.

COMFORT FOOD

Ci ricorro spesso: è il mio spezza-ansia. E poi sono goloso. Temo però che tutti questi dolci non siano esattamente il meglio, nel mio caso.

Anche in questo caso, il gioco vale senz’altro la candela: lo stress legato al cambiamento di abitudini alimentari è una “spesa” sensata se il beneficio è il contenimento dell’eccesso – abitudinario – di grassi e zuccheri. Come nel caso sopra, infatti, se non lo facciamo avremo una risposta infiammatoria post-prandiale pressoché continua, che andrà a sostenere lo stato infiammatorio sistemico alla base dell’artrite psoriasica e della psoriasi.

Come riuscirci? Anche qui, focalizziamoci sulla vera esigenza: se nel caso precedente era la praticità e velocità, qui è chiaramente un tema di “comfort”. Ma un comfort food non è necessariamente un dolce. Può dare soddisfazione, o conforto, qualsiasi alimento legato ad esempio a un momento della vita che ci sta particolarmente a cuore, o a una persona che amiamo. Proviamo a cercarlo.

SENSIBILITÀ AL GLUTINE

Il mio medico sospettava una sensibilità al glutine nonostante non sia celiaco. Mi ha fatto fare degli esami e sembra che in effetti possa essere così. Passerò al gluten-free.

Ecco un caso in cui provare a togliere il glutine ha senso. L’unico altro caso è una diagnosi di celiachia.

Per il resto non c’è ad oggi una raccomandazione in questo senso riconosciuta dalla comunità medico-scientifica.

Se, nonostante questo, si vuole tentare questa carta, il suggerimento è quello di non farlo da soli ma insieme a un dietista / biologo nutrizionista / dietologo, che vi potranno guidare in questa scelta senza compromettere la qualità del vostro regime alimentare. Le diete gluten-free fai da te, infatti, sono sovente sbilanciate in alcuni dei nutrienti che non devono abbondare sulle nostre tavole, soprattutto in condizioni come artrite psoriasica o psoriasi.

RIDOTTA TOLLERANZA AL LATTOSIO

Spesso mi sento gonfio. Deve essere il lattosio. Toglierò il latte e tutti i suoi derivati.

Non si consiglia di prendere questa decisione in assenza di test diagnostici specifici, peraltro oggi molto accessibili.

Il gonfiore e, in generale, i disturbi addominali possono avere svariate origini. Parlatene con il vostro medico che, nel caso sospetti un problema di ridotta tolleranza al lattosio, vi indirizzerà verso un breath test, un test assolutamente non invasivo che si può tranquillamente fare nella maggior parte degli ospedali e che darà una risposta a questa ipotesi.

In caso di intolleranza diagnosticata, ricordiamo che può non essere generalmente necessario eliminare qualsiasi latticino: lo yogurt, ad esempio, oltre ad avere un contenuto di lattosio ridotto rispetto al latte di partenza, contiene anche degli enzimi utili alla sua digestione.

I trattamenti farmacologici sistemici, che nel loro insieme offrono oggi una risposta efficace nella maggior parte dei casi di psoriasi, si distinguono in farmaci tradizionali e di ultima generazione (farmaci biologici).

In corrispondenza delle diverse terapie, diventa ancora più importante rispettare le principali raccomandazioni dietetiche per le persone con psoriasi, ovvero evitare il sovrappeso e non consumare alcol.

Il consumo di bevande alcoliche è infatti controindicato nelle patologie con componente infiammatoria sistemica perché può favorire ulteriormente lo stato infiammatorio, ed è quindi da evitare in generale per tutte le persone con psoriasi.

Come diciamo spesso, quando subentra questo tipo di patologie bisogna diventare “cinture nere” di alimentazione corretta, ovvero avere ancora più a cuore le regole generali di uno stile alimentare adeguato rispetto alla popolazione generale. E infatti la consapevolezza dei rischi legati al consumo di alcol è necessaria per chiunque – a maggior ragione per chi ha motivi aggiuntivi per stare in guardia.

È bene infatti ricordare che bere alcolici ci espone maggiormente a sviluppare diversi problemi di salute - più di 200 secondo l’Istituto nazionale di salute statunitense.

Tra questi, anche alcuni legati ad aspetti psicologici che ricorrono anche nella psoriasi – come stati di ansia o di depressione – o a un impatto su organi, fegato in primis, che già possono essere interessati da potenziali effetti collaterali a lungo termine di alcune terapie farmacologiche tradizionali.

E questo non avviene solo in caso di abuso di alcolici, come siamo generalmente portati a pensare: per molte di queste condizioni, infatti, non c’è una dose minima sotto la quale non ci sia aumento del rischio. In altre parole, non esiste una “dose sicura” di alcolici.

Per quanto riguarda i farmaci biologici, invece, è bene in generale porre ancora maggior attenzione al peso corporeo: alcuni trattamenti di questa classe, infatti, possono favorire un aumento di peso. Ad oggi esiste tuttavia un ventaglio di opzioni terapeutiche molto maggiore rispetto a qualche anno fa, con trattamenti che non hanno mostrato altrettanta propensione ad aumentare il rischio di sovrappeso.

Ricordiamo brevemente le due principali motivazioni per cui sovrappeso e obesità vanno evitati in caso di psoriasi: la prima si estende in realtà anche alla popolazione generale, e riguarda il fatto che il tessuto adiposo è un tessuto attivo che produce sostanze infiammatorie, aumentando così il rischio di tutti quei problemi di salute che uno stato infiammatorio cronico può portare; la seconda è più specifica per le persone con psoriasi e riguarda la risposta alle terapie farmacologiche, che può diminuire in presenza di eccesso di tessuto adiposo.

La malattia psoriasica è sostenuta da un’infiammazione di tipo sistemico, ovvero esteso a tutto l’organismo.

Su questo punto l’alimentazione può essere d’aiuto: può facilitare il raggiungimento o mantenimento di un peso adeguato (sovrappeso e obesità “nutrono” lo stato infiammatorio), può prediligere gli alimenti-cardine di uno stile alimentare che non favorisca tale stato (ortaggi e frutta in primis), può infine limitare il consumo di alimenti che concorrono all’infiammazione stessa, come gli alcolici – che è bene eliminare o almeno contenere il più possibile – o il sale.

QUANTO SALE AL GIORNO

Per quanto riguarda il sale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica l’obiettivo – valido per tutta la popolazione adulta - di non superare i 5 g complessivi al giorno, sommando quello che già si trova negli alimenti con quello che aggiungiamo noi alle pietanze.

Per avere un’idea di quanti siano 5 g al giorno, consideriamo i nostri consumi abituali: dai dati più recenti* risulta che le donne consumino mediamente 7,2 g di sale al giorno, mentre gli uomini si attestano sui 9,5 g.

Siamo quindi ben al di sopra da quanto indica l’OMS, ma stiamo imparando: rispetto ai dati precedenti, risalenti a un decennio prima, abbiamo ridotto i consumi di circa il 12%.

La strada, quindi, è quella giusta: è vero che è ancora lunga davanti a noi ma, una volta imboccata, l’orizzonte diventa più concreto.

Per percorrerla più velocemente, vediamo ora insieme quali sono gli alimenti cui fare più attenzione per il contenuto di sale, e un esempio di giornata alimentare che resti all’interno della raccomandazione OMS.

ALIMENTI SALATI

Per quanto riguarda gli alimenti, una cosa va senz’altro detta: la quantità di sale è tra i criteri seguiti dal Centro di ricerca CREA Alimenti e Nutrizione - l’ente che stila periodicamente le linee guida per la sana alimentazione della popolazione italiana - per determinare porzioni e frequenza di consumo delle varie categorie: seguire le raccomandazioni ufficiali, quindi, è senza dubbio un’ottima idea anche in questo senso.

In altre parole, anche in termini di contenimento del consumo di sale non ci sono alimenti non permessi in senso assoluto, a patto che ci si attenga alle quantità e frequenze raccomandate.

Ne sono un esempio l’utilizzo occasionale dei salumi, la cui porzione standard è stabilita pari a 50 g, o il consumo di formaggio, consigliato per la popolazione adulta generale 3 volte a settimana, con porzioni standard pari a 50 g per i formaggi più grassi come gorgonzola, grana o groviera, e a 100 g per quelli meno grassi come ricotta, mozzarella e stracchino.

Tra le altre categorie alimentari con un contenuto non trascurabile di sale ricordiamo inoltre il pane, che negli anni ha saputo ridurre la sapidità senza perdita di gradimento da parte degli italiani, e i prodotti da forno come crackers e grissini ma anche come biscotti e merendine, cui spesso non pensiamo quando si tratta di sale.

Altra categoria cui non si pone frequentemente attenzione è quella dei legumi in lattina (sciacquare sempre molto bene dall’acqua di governo) e di tutti gli altri alimenti conservati la cui lavorazione passa da una fase di salagione: sottoli e sottaceti, tonno in scatola, carne in gelatina per fare alcuni esempi.

È bene poi leggere sempre l’etichetta sulle confezioni dei piatti pronti: non di rado il contenuto di sale è molto più alto delle attese, con differenze anche sostanziali tra prodotto e prodotto.

Per tutto quanto detto, un esempio di giornata alimentare senza eccessi di sale potrebbe essere costituito da una colazione con un bicchiere di latte, una fetta media di pane con un cucchiaino di marmellata e un frutto; un pranzo con una porzione di pasta al pomodoro e basilico e un contorno di verdure fresche di stagione; una cena con un panino, una porzione di pesce fresco e della verdura; e due porzioni di frutta fresca per gli spuntini del mattino e del pomeriggio.

A patto, certo, che non esageriamo con il sale nell’acqua della pasta (utile a questo proposito anche aggiungerlo verso fine cottura), sulle verdure (non tutte, specialmente se crude, lo necessitano davvero) e sul pesce, spesso già sapido di per sé. Per insaporire carne, pesce e le varie pietanze in generale, proviamo a ricorrere un po’ più spesso alle erbe aromatiche e a qualche spezia, che potrebbero esaltare, ancor più del sale, il gusto autentico dei nostri piatti.

Ultimi consigli: non portiamo il sale in tavola; portiamo invece un po’ di pazienza: il gusto per il salato può essere “educato” e, nel giro di qualche settimana, potremo non sentire più un impulso così forte a salare come prima le nostre ricette.

*Progetto CUORE - Health Examination Survey 2018-2019: stima del consumo di sale in campioni rappresentativi della popolazione italiana di età compresa tra i 35 e i 74 anni arruolati in 10 regioni italiane distribuite tra il Nord, Centro e Sud.

Fonti

1. World Health Organization - Guideline: sodium intake for adults and children (2012) - https://www.who.int/publications/i/item/9789241504836

2. BDA-IEO - Banca dati di composizione degli alimenti per studi epidemiologici in italia - http://www.bda-ieo.it/

3. Istituto Superiore di Sanità e Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie – Progetto cuore - http://www.cuore.iss.it/prevenzione/ProgettoMinisal

4. CREA-NUT – Linee guida per una sana alimentazione italiana, 2018 - https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018

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