Diverse persone provenienti da vari Paesi si sono fatte avanti per condividere le proprie storie con la malattia psoriasica (psoriasi e artrite psoriasica).
Grazie alla collaborazione con il pluripremiato fotografo professionista Rick Guidotti di Positive Exposure®, siamo riusciti a catturare lo spirito di La Pelle Conta e a mostrare che cosa significhi per le persone convivere con la psoriasi e l’artrite psoriasica.
Gli ambasciatori della nostra campagna “Skin Impressions” parlano dell’impatto che i disturbi cutanei hanno avuto sulla loro vita e di come hanno imparato a superarli. Essi condividono le proprie storie per parlare di come hanno riacquistato fiducia in se stessi e per comunicare agli altri che un disturbo cutaneo, seppur grave, non deve necessariamente determinare alcuna rinuncia.
Insieme vogliamo collaborare per abbattere le barriere che impediscono alle persone con gravi patologie cutanee di vivere appieno la propria vita. Dobbiamo liberarci dei pregiudizi che circondano le gravi malattie della pelle e cambiare il modo in cui ci relazioniamo con le persone che soffrono di psoriasi e artrite psoriasica. Queste persone sono ben più della loro diagnosi: sono madri, padri, sorelle, fratelli, partner, amici e colleghi. Noi vogliamo aiutarle a riacquistare la fiducia in se stesse e la libertà di abbracciarsi e stringere a sé i propri cari, di sentirsi davvero a proprio agio con la loro pelle.
Ecco quindi tutte le testimonianze su psoriasi e artrite psoriasica.
All’inizio non se ne preoccupava, non essendo certa di cosa fosse, fino a quando sua madre non le ha fatto fare una visita, durante la quale le è stata immediatamente diagnosticata la patologia.
La sua famiglia le ha dato molto sostegno, ma secondo Andrea le altre persone non capiscono cosa significhi convivere con la psoriasi e questo, a volte, l’ha fatta sentire molto sola. Per lei è confortante parlare con altre persone che ne soffrono ed è motivata dalle loro esperienze e dal desiderio di aiutare gli altri.
Dopo che le è stata diagnosticata la psoriasi 13 anni fa, Elif ha avuto a che fare praticamente con tutti i pregiudizi che circondano questa patologia.
Perfettamente consapevole della barriera che la sua pelle crea tra lei e coloro che la circondano, la sua bellezza sta nell’apertura che dimostra nei confronti delle persone che sono meno informate.
Le placche della pelle compaiono tipicamente sulla schiena, sulle mani e sulle nocche, il che compromette la sua capacità di lavorare. Nel corso degli anni, Jesus ha avuto modo di avvertire l’insofferenza di coloro che non capiscono.
La sua bellezza interiore è rappresentata dalla risoluta capacità di appoggiarsi agli altri per superare le sfide della vita.
Quella che era iniziata come una piccola macchia sulla sua guancia al momento della diagnosi, all’età di 3 anni, copriva ormai il 90% del suo corpo.
Nonostante la psoriasi abbia un grande impatto sulla sua vita, Melissa vede la malattia solo come una piccola parte di sé. Oggi lei è la persona che non si sente costretta dagli ostacoli che la patologia può presentarle.
Ricevuta la diagnosi all’età di 3 anni, la volontà di ferro di Simone si è temprata nel corso di una vita intera di lotte.
La sua adolescenza è stata particolarmente difficile a causa delle placche che le ricoprivano il corpo e che le impedivano di sentirsi a proprio agio con gli altri. La sua bellezza è definita dall’impegno quotidiano a non lasciare che sia la psoriasi a definire la sua fiducia in se stessa, il suo umore o il suo rendimento.
Quando il medico mi ha detto per la prima volta che soffrivo di artrite psoriasica, ammetto che la mia prima sensazione è stata di totale sollievo. Può sembrare irrazionale, ma ero talmente contenta che non mi avessero detto che soffrivo di lupus (che ritenevo fosse la causa dei miei sintomi), che il mio cervello ha smesso di ascoltare oltre.
Ovviamente, quando la diagnosi mi è diventata chiara, mi sono subito preoccupata di cosa significasse per me e il mio futuro, ma dopo anni trascorsi con una sensazione di paura e disagio ero entusiasta all’idea di iniziare un piano terapeutico e di ottenere un po’ di sollievo.
Il percorso verso la diagnosi è stato lungo: ho iniziato a soffrire di dolori articolari alle mani, ai polsi e ai gomiti poco più che ventenne e lentamente ho iniziato a sperimentare altri segni della malattia, ma soffrivo solo di un sintomo alla volta, il che rendeva la diagnosi particolarmente difficile.
Quando mi lamentavo con il mio medico di base del dolore alle ginocchia, mi rispondeva che la colpa era dell’età e del peso in eccesso. E dato che la cosa aveva un senso, ignoravo la rigidità, il gonfiore, l’affaticamento e i rash e le lesioni cutanee, nonché le frequenti infezioni respiratorie. Fu soltanto quando mi trasferirono da Atlanta in New Jersey nel 2011 che i sintomi si presentarono tutti in una sola volta. A rischio di essere etichettata come ipocondriaca, alla fine trovai il coraggio di raccontare tutti i miei disturbi al medico. La dottoressa sospettava che i miei mali fossero da ricondursi a un unico problema. Un reumatologo e un dermatologo fecero test separati e poi si confrontarono. Aspettai circa due mesi per avere la diagnosi definitiva di artrite psoriasica.
La diagnosi mi diede il permesso di cui avevo bisogno per apportare le modifiche che il mio corpo chiedeva a gran voce: iniziai a frequentare la palestra regolarmente, partendo con lo yoga leggero, e a seguire una dieta antinfiammatoria. Avevo sperimentato i sintomi per anni, ma dovetti imparare ad adattare il mio stile di vita in base alle riacutizzazioni.
Ora evito le faccende domestiche se so che mi provocheranno dolori e ho superato la paura di perdermi qualcosa di importante cancellando i piani all’ultimo minuto se necessario. Ho imparato ad ascoltare il mio corpo, a sapere quando posso spingermi oltre e quando invece devo fermarmi.
E, cosa più importante, è cambiato il mio atteggiamento nei confronti della artrite psoriasica. All’inizio, l’artrite psoriasica mi sembrava una prigione. Ora è un’occasione per aiutare altre persone nella mia stessa condizione, per farle sentire meno sole, per condividere con loro quello che ho imparato lungo il percorso e per incontrare persone meravigliose che convivono con l’artrite psoriasica. Questa svolta positiva e ottimista è arrivata improvvisamente dopo che ho incontrato altre blogger con la mia malattia. Ho visto l’impatto che stavano avendo e mi sono sentita grata di avere un modo per sfruttare la mia malattia per il bene degli altri.
Il reumatologo che mi segue ora è fantastico. Sento che mi ascolta sul serio. Rimango sempre di stucco quando lo chiamo e si ricorda i risultati dei miei test di laboratorio o le mie ultime scansioni imaging. Tiene conto delle mie opinioni e delle mie richieste riguardo ai farmaci e ai piani terapeutici. Ho la sensazione di lavorare insieme.
Col senno di poi, se potessi tornare al momento della mia diagnosi, direi a me stessa:
«Stai calma. La situazione è più sotto controllo di quanto tu non pensi. Ci sono metodi farmacologici e non farmacologici che possono aiutarti a stare meglio. Puoi essere di aiuto agli altri. Sii gentile con te stessa».
Cara psoriasi,
non so perché tu abbia scelto me.
Il medico mi ha detto che potrei averti ereditata da mio nonno. Ma il nonno aveva solo qualche macchiolina sulle braccia e sulle ginocchia.
Io, invece, ti vedo ovunque.
Ogni parte del mio corpo racconta una parte di te, ogni macchia per me è una ferita aperta.
Mi fai male, cara psoriasi, dentro e fuori. Ogni sera, nel letto, mi giro e mi rigiro tentando di ignorarti e di prendere sonno. Non sempre riesco ad addormentarmi entro mezzanotte.
Specialmente ieri.
“Dovresti dormire almeno 8 ore Ludovica!” ripete spesso mia madre.
Eh, fosse facile!
Sento il corpo “bruciare” a contatto con le coperte e con il pigiama.
E arriva mattina. Suona la sveglia sempre troppo presto e la prima cosa che faccio è prendermi cura della mia pelle: la lavo, la idrato, nella speranza che tu possa darmi tregua.
Ma spesso... ti fai sentire durante la giornata con questi attacchi di prurito e fastidio tremendi. Anche quando accavallo le gambe per stare seduta davanti al pc. Mi bruci tra il polpaccio e la coscia.
Ma cosa devo fare con te?!
Nonostante il fastidio che mi provochi non mi perdo d’animo. Sono tenace. Questo è il mio carattere e mi sforzo sempre di vedere la luce in fondo al tunnel.
Troverò il modo di tenerti sotto controllo!
Dopo l’ufficio mi sono iscritta in palestra e sono andata a fare una spesa sana al supermercato.
Ci tengo molto a uno stile di vita sano e voglio tenerti a bada.
Più tu, psoriasi, prendi spazio nella mia vita, più io sento la necessità di scansarti e fare spazio alle cose positive.
Oggi mi sento già meglio.
Altra notizia: in pausa pranzo navigavo in internet e ho trovato il sito di un’associazione di persone che hanno a che fare con te. Ho letto articoli e informazioni interessantissime.
Ho visto anche che ha una pagina social seguita da moltissimi fan.
Allora non sono sola!
E scoprire questo mi ha tranquillizzato molto.
In fondo, abbatterci non serve a nulla e anzi, per come sono fatta, ho bisogno di vedere il mondo a colori e non scoraggiarmi. Questo probabilmente è il più grande insegnamento che mi hai dato: non arrendermi mai.
Noi portatori di psoriasi possiamo, anzi, dobbiamo volerci bene e nulla ci impedisce di svolgere le nostre normali attività.
L’aspetto della pelle non mi ha impedito di iscrivermi in palestra; oggi uscita dallo spogliatoio e mi sono sentita più leggera!
E poi... l’aspetto della pelle non può impedirmi di uscire con gli amici, di dare il massimo nel mio lavoro. Di rialzarmi ogni volta che cado. Probabilmente, al contrario, è una spinta in più per migliorarmi sempre. E amarmi.
È tardi.
Cerca di stare tranquilla ora e non farmi sentire bruciore questa notte, che domani sarà un nuovo giorno.
Buona notte psoriasi.
Ludovica