L'orticaria ha per definizione la presenza di pomfi e / o angioedema. Tuttavia, ci sono molte altre malattie caratterizzate dalla comparsa di pomfi e angioedema che non sono orticaria. è quindi importante in questo contesto una accurata diagnosi differenziale per distinguere l’orticaria dalla altre patologie.
I pomfi tipici dell’orticaria presentano tre caratteristiche:
Secondo l'Accademia europea di allergia e immunologia clinica (EAACI), la rete europea di allergia e asma globale (GA2LEN), il Forum europeo di dermatologia (EDF) e le linee guida dell'Organizzazione mondiale per l'allergia (WAO)1 che sono le linee guida accettate a livello internazionale, l'orticaria può essere classificata in base alla durata e alla sua causa.
L'orticaria acuta è definita come la presenza di pomfi spontanei con o senza angioedema per meno di 6 settimane, mentre nell'orticaria cronica vi è l'insorgenza di orticaria con o senza angioedema per 6 settimane o più.
L'orticaria cronica viene classificata a seconda che sia inducibile o meno nell'orticaria cronica spontanea o nell'orticaria cronica inducibile.
Le allergie di tipo I dovrebbero essere sospettate da una storia approfondita che rivela una comparsa coerente di pomfi o angioedema dopo ingestione / inalazione di un allergene specifico.
Per chiarire ulteriormente se un'allergia di tipo I sia la causa della malattia, si deve eseguire un test specifico cutaneo con il prick test o un test sierologico di radioallergosorbenza (RAST) e infine, se possibile, un test di provocazione con il sospetto allergene controllato con placebo2.
Il prick test è lo strumento essenziale per la diagnosi delle reazioni da ipersensibilità immediate,. Viene eseguito a livello ambulatoriale, in pochi minuti, ed è un test assolutamente non invasivo ed indolore.
Il test viene effettuato posizionando una goccia di un estratto allergenico (di tipo alimentare o inalante: polline, derivato degli acari della polvere o degli animali domestici, ecc.) sulla cute del paziente. La cute utilizzata è abitualmente la faccia volare degli avambracci: e più precisamente 5 cm al di sopra del polso e 3 cm al di sotto dalla fossa antecubitale. Successivamente si “pizzica” (prick) la cute sottostante la goccia allergenica con una lancetta sterile (solitamente di plastica o acciaio). In questo modo, le molecole allergeniche riescono a penetrare gli strati superficiali della cute e venire a contatto con le IgE presenti sulla superficie dei mastociti. Successivamente si asciuga la cute, facendo attenzione a che le gocce di allergene non vadano a sovrapporsi o contaminarsi l’una con le altre. Dopo circa 15-20 minuti di attesa, la cute viene esaminata, per valutare eventuali reazioni positive ad uno o più allergeni, che si presentano come pomfi tondeggianti e rilevati, del diametro di alcuni millimetri, pruriginosi e contornati da eritema.
I pomfi appaiono in tutto e per tutto analoghi a “punture di zanzara”. Per una migliore accuratezza diagnostica, oltre al prick test con allergeni (alimentari o inalanti), vengono eseguiti anche un controllo positivo ed uno negativo.
Il RAST test è un esame di laboratorio che misura nel sangue venoso (è necessario un prelievo) il livello delle IgE specifiche, prodotte verso una particolare sostanza (allergene).
Il test di provocazione orale o TPO rappresenta la somministrazione orale di un alimento e/o un farmaco in un soggetto con sospetta allergia alimentare, eseguita sotto controllo medico, in modo standardizzato e controllato.
E` l’unico esame che consente di porre con certezza diagnosi di allergia alimentare, discriminando la patologia da una semplice sensibilizzazione e quindi fornisce la possibilità di prescrivere correttamente una dieta di eliminazione rigorosa verso l’alimento e/o farmaco in causa.
Le condizioni autoinfiammatorie caratterizzate da eruzioni cutanee orticariane, febbre, aumento della proteina C-reattiva (PCR) e della velocità di eritrosedimentazione (VES), e aumento dei neutrofili devono essere considerati quando un paziente si presenta per il trattamento con grave eruzioni cutanee orticariane3.
Le malattie autoinfiammatorie mascherate da orticaria cronica includono sindromi febbrili periodiche associate alla criopirina (CAPS), causate da una mutazione nel gene NLRP3 che codifica per una parte dell'inflammasoma. Queste condizioni fanno parte delle sindromi autoinfiammatorie come l’orticaria familiare da freddo, la sindrome di Muckle-Wells o malattia infiammatoria multisistemica neonatale4-6.
La sindrome di Schnitzler è caratterizzata da gammopatia monoclonale (IgM o IgG), sintomi di infiammazione sistemica e eruzioni cutanee a tipo orticaria. La sindrome di Schnitzlers può essere un prodromo per morbo di. Waldenström e questo dovrebbe essere sempre considerato come sindrome pericolosa7. Altre malattie autoinfiammatorie che si presentano con eruzioni cutanee orticaria includono la malattia di Still, l'artrite idiopatica giovanile ad insorgenza sistemica e il deficit di mevalonate chinasi / iper IgD e la sindrome da febbre periodica6.
Il work-up standard varia tra le diverse parti del mondo. In generale però la storia di malattia dovrebbe essere sempre raccolta in modo accurato.
Secondo linee guida EACCI1, scoprire se ci sono fattori scatenanti dell'orticaria è il primo passo per definire un intervento atto all’eliminazione proprio di questi fattori, comprese allergie alimentari, fattori di provocazione fisica, ecc. Se si sospetta un fattore scatenante, devono essere eseguite provocazioni, ad es provocazione alimentare, pressione, freddo, calore, ecc.
Se non è possibile identificare alcun fattore che induca i sintomi, è raccomandata solo la conta ematica differenziale e la PCR o la VES, poiché è noto che infezioni croniche o ricorrenti inducono orticaria1.
Eventuali altri test devono essere eseguiti solo se la storia dei sintomi e dei segni del paziente lo indicano.
L'autoimmunità nella patogenesi dell'orticaria è ancora un argomento molto dibattuto.
Il test siero autologo cutaneo (ASST) e il test di attivazione dei basofili sono al momento gli unici test disponibili per valutare l'autoimmunità. Anche se sono correlati l'uno con l'altro e con l'attività nei sintomi dell'orticaria non sempre danno risultati identici e pertanto non sono diagnostici per orticaria autoimmune.
Il test del siero autologo o ASST, provoca in circa il 60% dei pazienti affetti da orticaria cronica idiopatica in fase attiva, una risposta immediata caratterizzata dalla comparsa, nella sede di iniezione, di un pomfo circondato da un alone eritematoso.
Una prima valutazione funzionale in vitro, ha riconosciuto, in alcuni di questi fattori, proprietà di autoanticorpi, appartenenti alla classe delle IgG, rivolte verso le subunità alfa del recettore ad alta affinità per le IgE.
La positività del test cutaneo con siero autologo (ASST), è stata attribuita, in altri casi, alla presenza di autoanticorpi con funzione di anti IgE e non esclude che esistano ulteriori fattori non ancora caratterizzati, capaci di indurre il rilascio di istamina nell’orticaria cronica idiopatica.
La reazione evocata dall’ASST sembra strettamente correlata all’andamento clinico della malattia: alla remissione dei sintomi, infatti, il siero prelevato in tale fase, non suscita la risposta cutanea, che persiste invece invariata nei confronti del siero raccolto in fase di attività.
Con tale metodica si è individuata in circa il 50% dei casi di orticaria cronica idiopatica, una patogenesi autoimmune, talora correlata a manifestazioni autoimmuni di altri organi ed apparati, latenti o manifeste.
Il test di attivazione dei basofili (basotest) o BAT è utile per lo studio di quei quadri clinici che riconoscono alla loro base un meccanismo allergico o pseudoallergico in grado di provocare attivazione dei basofili e successiva degranulazione, con rilascio di mediatori della flogosi nel microambiente
In tal senso è utile per lo studio della risposta allergica ad allergeni di tipo respiratorio, alimentare, farmacologici, al veleno di imenotteri.
Studi recenti hanno permesso di mettere in evidenza come il BAT sia una metodica utile anche nella ricerca degli anticorpi anti recettore per le IgE nell’orticaria cronica idiopatica.
Più importanti e statisticamente correlati all’autoimmunità sono la ricerca degli anticorpi anti tiroide (TG e TPO) e la presenza della celiachia. La presenza di questo tipo di autoimmunità si correla molto con l’orticaria cronica autoimmune.
Anche se non validato, il test di attivazione dei basofili (BAT) può anche rivelarsi di valore diagnostico nella diagnosi di orticaria cronica spontanea10.
Anche la coagulazione può essere attivata nell’orticaria cronica e alcuni gruppi hanno segnalato che un aumento del D-Dimero (un prodotto di degradazione della fibrina) è associato a sintomi orticariani più intensi e più duraturi: altri studi dovranno confermare il valore anche prognostico di questa determinazione11.
I pazienti che presentano pomfi che durano per più di 24 ore devono essere attentamente esaminati per il sospetto di vasculite orticarioide12. Si tratta di patologia rara che si verifica nell'1-20% dei pazienti affetti da orticaria cronica e colpisce maggiormente la popolazione femminile13.
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