Non c’è stato un giorno, durante gli anni dell’Università, in cui io non abbia fantasticato sul momento della mia Laurea. Immaginavo l’allegria, la soddisfazione, il senso di libertà. Poi quel giorno è arrivato e io non riuscivo ad essere felice. Ricordo le lacrime di felicità di mia madre e mio padre che alzava i pugni in alto come un campione sportivo; posso ancora vedere i miei amici e i loro sorrisi spalancati, già pronti a festeggiare con le bottiglie di spumante. Quando il mio fidanzato è arrivato, con un mazzo di rose che gli copriva tutto il volto, non sono riuscita subito a riconoscerlo ma le prime parole che mi ha detto, in mezzo a tutti quei fiori, le ho capite benissimo: “sei bellissima”.
Invece io non mi sentivo bellissima per niente. Mi sentivo a disagio, sbagliata, e avevo prurito da tutte le parti. Il vestito che portavo, così largo per non aumentare il fastidio sulla pelle, non era certo quello che avevo sognato per quel giorno così speciale. Anche se era quasi estate, le sue maniche erano lunghe: lo avevo scelto apposta così, per non fare vedere tutte le lesioni che mi erano venute sulle braccia.
Un anno prima non sapevo nemmeno come chiamarle quelle macchie rosse che mi erano spuntate sul polso.
Sul momento ho creduto fossero punture di insetto, poi, quando invece che sparire le vedevo aumentare, ho pensato fosse lo stress, stavo finendo gli esami e preparando la tesi e non mollavo mai. L’ho scoperto dopo che il loro nome era pomfi.
La prima notte che ho passato in bianco per via del prurito ho capito che qualcosa non andava.
Mi sembrava di avere il fuoco acceso sulle braccia e sulle gambe.
Anche se sparivano, poi, senza capire come, i pomfi tornavano, talvolta più fastidiosi di prima.
Dopo la Laurea vedevo i miei compagni di corso che si tuffavano nelle loro nuove vite, mentre io avevo paura, questa malattia mi teneva in prigione. Certi giorni dal male, dal gonfiore, non riuscivo nemmeno ad uscire di casa. Ho lasciato il mio fidanzato, non volevo tenerlo legato alla mia sofferenza, che spesso mi impediva anche di ricevere un suo abbraccio. Mentre tutti andavano ad abitare nelle loro nuove case, io sono tornata a vivere dai miei genitori, disperati come me.
Mi sono chiusa in me stessa, dentro un dolore del corpo e dell’anima. Prendevo medicine che mi aiutavano a sopportare, ma la situazione era fuori controllo, ogni sera mi addormentavo con l’incertezza di quello che sarebbe successo l’indomani. I pomfi saranno spariti? Aumenteranno? Quanto male faranno?
Sono stati anni interminabili, in balìa di una malattia imprevedibile, di un prurito così forte che qualche volta mi sembrava mi togliesse anche il respiro.
La mattina in cui ho conosciuto l’ennesima dermatologa me la ricordo bene. Come sempre, stavo andando dal medico svogliatamente e senza convinzione. Non l’avevo mai vista prima, ma avevo conosciuto così tanti specialisti fino ad allora, che ormai ogni volto mi sembrava uguale.
Le parole che mi ha detto dopo una lunga visita invece, non assomigliavano di certo a quelle che avevo ascoltato fino a quel giorno: “Orticaria Cronica Spontanea”.
Quella malattia che mi stava così tanto condizionando finalmente aveva un nome.
La settimana successiva ero di nuovo nello studio della dottoressa per iniziare un trattamento con un farmaco biologico: “In questi primi tre mesi- ha detto sorridendo, prima di farmi l’iniezione- ti aspetto qui ogni quattro settimane per ripetere la terapia, poi vediamo come va. Mi raccomando- ha aggiunto- ogni giorno scrivi su un diario come ti senti e quello che vedi accadere sulla tua pelle e se hai qualche dubbio, chiamami subito!”.
Dieci giorni dopo il mio scetticismo iniziale si era tramutato in speranza. Non solo vedevo i pomfi e il prurito ridursi, ma avevo come la sensazione di controllare finalmente la mia malattia.
Da allora è passato altro tempo. Un tempo in cui ho ritrovato la gioia di stare bene dentro la mia pelle. Ho imparato a convivere con l’Orticaria Cronica Spontanea senza più esserne vittima. Ho riacquistato fiducia in me stessa e negli altri.
Sono andata a vivere da sola, nel lavoro davo il massimo, ho ricominciato a vedere i miei amici e ho conosciuto l’uomo che oggi è mio marito.
Per un anno ho tenuto un diario speciale in cui prendevo nota dell’andamento della mia malattia. In questo modo ho sempre potuto tenere sotto controllo l‘evoluzione dell’orticaria cronica spontanea e quando mi recavo ai controlli dal Dermatologo, ero in grado di fornirgli un quadro completo di come andassero le cose.
Ed è così che ho imparato a volermi bene e che chiedere aiuto, informare noi stessi e chi ci sta vicino, può far tornare davvero la luce nei pensieri, nella vita… e sulla pelle!
Scarica il Diario del Paziente qui, inizia da ora anche tu a prenderti cura di te!